novembre 2020

 

Un’applicazione per creare un museo virtuale personalizzato in base agli interessi degli utenti, e una piattaforma digitale data-driven basata sul machine learning che misura l’impatto sociale e ambientale delle aziende: sono questi i progetti de “Il Museo che non c’è”, applicazione nata dall’associazione culturale Amami, e di “Open Impact, tra le sei start up finaliste della terza edizione del Premio Repower per l’Innovazione.

In attesa di conoscere il vincitore, che sarà comunicato il 30 novembre durante la Finale nazionale della 10a edizione del Premio Gaetano Marzotto, abbiamo intervistato Mauro Mariani e Claudia Migliore, fondatori di "Il Museo che non c'è", e Gabriele Masci, Social Impact Analyst di Open Impact.

 

Qual è l’aspetto innovativo della tua start up?

Museo che non c’è: “L’idea di dare a tutti, adulti e bambini, la possibilità di creare il proprio museo personale, scegliendo un determinato argomento da molteplici musei”.

Open Impact: “La digitalizzazione di tutti quei processi che le aziende già mettono in campo e che possono far diventare di dominio pubblico, permettendo ai decisori pubblici e privati di interagire con una piattaforma digitale, per scoprire quali possono essere gli sviluppi di programmi e politiche pubbliche”.

 

La tua start up in tre parole?

Museo che non c’è: “Arte, green e natura: se dovessimo vincere il Premio Repower, infatti, faremmo un’implementazione della app, aggiungendo alle opere artistiche anche quelle della natura”.

Open Impact: Consapevolezza: la piattaforma genera infatti maggiore consapevolezza presso i decisori pubblici o privati; intelligenza collettiva, perché partendo da una base dati costruita da noi vuole essere alimentata dal basso, tramite le organizzazioni che entrano a far parte della rete di Open Impact; e conoscenza, perché questa idea nasce da un progetto di Ricerca e Sviluppo iniziato grazie all’Università di Roma Tor Vergata.

 

Saranno loro i vincitori del Premio? Stay tuned!