Come evolveranno le tariffe di reimmissione in rete a partire dal 2026
In Svizzera, la maggior parte degli impianti solari produce nelle ore centrali della giornata più elettricità di quanta ne venga contemporaneamente consumata o immagazzinata sul posto. L’energia in eccesso viene quindi immessa nella rete locale: i circa 600 operatori di rete di distribuzione sono infatti obbligati ad accettarla e a remunerarla. L’ammontare della remunerazione, tuttavia, può variare da un operatore all’altro, nel rispetto di alcune disposizioni legali, e non sorprende che le differenze siano significative. Nel 2024 la cosiddetta tariffa di reimmissione in rete oscillava tra 5 e 17 centesimi per kWh, a seconda della zona. In alcune località, immettere energia nella rete risultava quindi piuttosto redditizio. Secondo l’Associazione dei produttori indipendenti di energia (VESE), i costi di produzione — che comprendono realizzazione, gestione e manutenzione rapportati all’intera vita utile dell’impianto — di un tipico impianto solare su una casa unifamiliare si aggirano intorno a 10 cts./kWh. In questa cifra sono inclusi anche gli incentivi previsti nell’ambito della remunerazione unica.
Prezzi di mercato come riferimento
Ormai è improbabile che i gestori di rete continuino a corrispondere remunerazioni superiori ai costi di produzione. La ragione è la nuova Legge sull’energia elettrica, approvata dagli svizzeri nel giugno 2024. La normativa stabilisce che, salvo accordi individuali, la remunerazione futura sarà basata sul prezzo di mercato di riferimento armonizzato a livello nazionale, calcolato sui prezzi medi del mercato elettrico degli ultimi tre mesi e pubblicato quattro volte l’anno dall’Ufficio federale dell’energia (UFE). Negli ultimi trimestri estivi (aprile-settembre), quando la disponibilità di energia solare è maggiore, il prezzo di riferimento si è attestato perlopiù sotto i 4 cts./kWh, mentre nei trimestri invernali (novembre-marzo) è stato compreso tra 6 e 10 cts./kWh.
Anche l’operatore Repower adegua la tariffa di reimmissione del 2026 al prezzo di mercato di riferimento dell’UFE, così come i prezzi delle garanzie di origine vengono allineati ai livelli di mercato. Di conseguenza, la remunerazione aggiuntiva sarà più bassa nei mesi estivi (0,2 cts./kWh) rispetto a quelli invernali (0,5 ct./kWh).
Autoconsumo vs immissione in rete
Per rendere conveniente l’investimento in un piccolo impianto solare, la Legge ferale sull’energia garantirà nel 2026 una remunerazione minima per l’elettricità prodotta da impianti fino a 150 kilowatt. Questa misura protegge i produttori dal rischio di non ricevere nulla in caso di prezzi di mercato molto bassi o addirittura di dover pagare quando i prezzi diventano negativi, cosa che sta diventando sempre più frequente. Per i piccoli impianti fino a 30 kilowatt, la regola è semplice: ricevono almeno 6 centesimi di franco per ogni kWh immesso in rete, indipendentemente dal fatto che parte dell’energia venga utilizzata per autoconsumo.
Per impianti più grandi, a partire da 30 kilowatt, occorre distinguere tra l’energia destinata all’autoconsumo e quella interamente ceduta alla rete. Se i proprietari rinunciano all’uso dell’energia e cedono tutto il prodotto al gestore di rete, la remunerazione minima è di 6,2 cts./kWh. Se invece parte dell’elettricità viene consumata direttamente, il tasso minimo di remunerazione viene ridotto in base alla dimensione dell’impianto. Un esempio pratico: un impianto da 100 kilowatt utilizzato parzialmente per autoconsumo riceve in media solo 1,8 cts./kWh come tariffa minima garantita. Alla base di questa regola c’è l’assunto che i proprietari di impianti solari tendano a utilizzare per sé la preziosa elettricità invernale, mentre cedono alla rete quella estiva, meno preziosa.
Limitare la produzione degli impianti solari?
È un dato di fatto: le attuali remunerazioni minime per chi possiede un impianto solare sono ben al di sotto delle tariffe di reimmissione in rete che si registravano negli anni passati. «Per anni il sistema ha premiato in modo distorto la produzione solare, riconoscendo tariffe più alte del prezzo di mercato», spiega Gerhard Bräuer, Responsabile Asset management Reti e approvvigionamento presso Repower. «Ciò ha portato a immettere energia solare nella rete anche quando la domanda era bassa o inesistente». Quando la produzione eccede la domanda, sul mercato si genera un surplus che può portare a prezzi negativi. Ciononostante, la rete è obbligata ad assorbire l’energia solare, che i gestori devono collocare sul mercato anche a prezzo negativo. I costi derivanti ricadono su tutti i clienti. Per evitare distorsioni di mercato, servono nuovi incentivi che spingano i produttori a immettere energia solare solo quando è davvero richiesta. «Dal punto di vista macroeconomico, ma anche per i gestori di rete e i consumatori finali, avrebbe senso limitare temporaneamente la produzione solare quando si profilano prezzi negativi», aggiunge Bräuer.
L’eccesso di energia solare prodotta in estate comincia inoltre a pesare anche sull’idroelettrico. Nelle giornate molto soleggiate, Repower è spesso costretta a ridurre l’attività delle proprie centrali idroelettriche, lasciando scorrere parte dell’acqua senza utilizzarla per la produzione di elettricità. In caso contrario, l’azienda sarebbe obbligata a vendere l’energia in perdita, con conseguenti costi elevati. Questo fenomeno comporta una perdita di valore delle centrali idroelettriche esistenti.
Ulteriore espansione, nuove sfide
Va ricordato che lo sviluppo della produzione di energia solare in Svizzera è tutt’altro che concluso: al contrario, siamo solo all’inizio. Entro il 2050 si prevede un’ulteriore e massiccia espansione degli impianti fotovoltaici, necessaria per soddisfare la crescente domanda di energia rinnovabile del Paese. Nel solo territorio servito da Repower, oggi sono in funzione circa 3.200 impianti solari con una potenza complessiva di circa 60 MW. E ogni giorno se ne aggiungono in media altri due. Le previsioni per il 2050 indicano tra 10.000 e 15.000 impianti, con una potenza totale superiore ai 300 MW, pari a circa otto volte quella della più grande centrale idroelettrica di Repower, situata a Campocologno.
In una soleggiata giornata estiva, questi impianti generano enormi quantità di elettricità. Al momento, però, Repower non dispone di strumenti per gestire attivamente questa produzione decentralizzata. Bräuer sottolinea che in futuro i gestori di rete dovranno avere la possibilità di ridurre temporaneamente la produzione solare in caso di surplus, per garantire la stabilità della rete. La Legge federale sull'approvvigionamento elettrico già lo consente: a partire dal 2026, fino al 3% della produzione annuale di un impianto solare potrà non essere ritirato e non dovrà essere compensato economicamente.
Abbiamo dovuto reagire in tempi estremamente rapidi per stabilizzare la rete.»
Dipendenza dal meteo e rischi
Non è solo la sovrapproduzione degli impianti solari a rappresentare una sfida per i gestori di rete: anche una carenza improvvisa di energia può creare problemi. La produzione di energia solare dipende infatti dal meteo e, a differenza di altre fonti energetiche, è più difficile da prevedere. Un esempio recente: all’inizio di quest’estate, nell’area di distribuzione di Repower si è formata in breve tempo una massiccia cella temporalesca, del tutto inattesa. Nel giro di pochi minuti la disponibilità di energia è calata di 25 MW, perché gli impianti solari della zona hanno quasi immediatamente smesso di produrre energia a causa dell’improvvisa oscurità. «Abbiamo dovuto reagire in tempi estremamente rapidi per stabilizzare la rete», racconta Bräuer. «Oggi eventi del genere sono ancora gestibili, ma se la produzione solare fosse cinque volte maggiore, la situazione diventerebbe molto più complessa».
Puntare sull’autoconsumo
Gerhard Bräuer precisa che Repower non è affatto contraria all’energia solare, e gestisce peraltro anche impianti fotovoltaici propri. «Come gestori di rete, ci interessa che gli impianti solari privati siano maggiormente orientati al fabbisogno locale», spiega Bräuer. Consumare direttamente l’energia prodotta, riducendo al minimo l’immissione in rete, conviene non solo ai gestori, ma anche ai proprietari degli impianti, rendendo l’investimento decisamente più vantaggioso. Per questo motivo, i nuovi impianti solari saranno probabilmente di dimensioni più contenute e maggiormente orientati all’autoconsumo.
Per ottimizzare l’autoconsumo, può essere conveniente integrare un sistema di accumulo a batterie. In questo modo, l’energia prodotta può essere immagazzinata e utilizzata in un secondo momento, riducendo la necessità di prelevare elettricità dalla rete. «Con un sistema di accumulo, in una casa unifamiliare è possibile coprire tra il 50 e il 60% del fabbisogno energetico con il proprio impianto solare», spiega Bräuer. «Senza batterie, invece, si arriva generalmente solo al 30%». Un’altra strategia per incrementare l’autoconsumo è rappresentata dai modelli di commercializzazione locale dell’energia, come gli RCP (raggruppamento ai fini del consumo proprio ), gli RCP virtuali, e le Comunità elettriche locali (CEL, a partire dal 2026). Va però precisato che tali modelli non riducono il carico sulla rete elettrica: servono esclusivamente a valorizzare l’energia prodotta localmente.